115 mila euro è la somma riconosciuta in suo favore dalla Corte d'appello
PALERMO, 12 maggio - La quinta sezione della Corte d'appello, ha riconosciuto a Vincenzo La Corte di Monreale, un ingente risarcimento per “ingiusta detenzione”.
L'uomo, insieme ad altri soggetti, rimase coinvolto nell'ambito dell'operazione “Nuovo mandamento”, condotta nel 2013 dai carabinieri per debellare anche la “cosca mafiosa” di Monreale, e , per questo, è stato sottoposto in via cautelare, al regime di detenzione presso il carcere di Pagliarelli.
I fatti che hanno coinvolto nello specifico il monrealese Vincenzo La Corte, secondo la ricostruzione effettuata allora dagli inquirenti, sarebbero stati riconducibili alla questione relativa alla riorganizzazione del mandamento di San Giuseppe Jato che pian piano stava ridisegnando i confini. Una gerarchia che, a catena, avrebbe visto una progressione di "carriera" di Giuseppe Libranti Lucido, il quale, dopo l'arresto del suo padrino Davide Buffa con l'operazione Perseo, da capo decina del territorio di Pioppo avrebbe assunto il “ruolo” di portavoce di Antonino Sciortino e Salvatore Mulè, venendo sostituito sul territorio da Vincenzo La Corte e Onofrio Buzzetta.
Circa un anno dopo, e precisamente il 19 dicembre del 2014, dopo ben 430 giorni di carcere, durante i quali La Corte si avvalse della facoltà di non rispondere, l'uomo venne assolto con il rito abbreviato.
Adesso, i giudici della sezione della Corte d'appello presieduta da Maria Patrizia Spina, accogliendo la tesi difensiva sostenuta dagli avvocati di parte Nino Caleca e Roberto Mangano, fondata anche sul riconoscimento del diritto di tacere previsto dalla legge, hanno ravvisato la sussistenza dei presupposti del diritto alla riparazione e nel fare ricorso alla liquidazione equitativa hanno stabilito un pagamento di 115 mila euro, quale somma spettante a Vincenzo La Corte per “ingiusta detenzione”. I giudici, come meglio dettagliato in un articolo pubblicato stamattina dal Giornale di Sicilia a firma di Riccardo Arena, per quanto riguarda la fattispecie relativa all'intercettazione ambientale, hanno accolto quanto sostenuto dai difensori di Vincenzo La Corte e cioè che nulla avrebbe potuto dire il loro assistito al riguardo del dialogo avvenuto tra i due presunti mafiosi, intercettato dalle forze dell'ordine.