Estorsioni e propositi di omicidio, disarticolata la cosca di Corleone
I NOMI e LE FOTO degli arrestati. IL VIDEO dei carabinieri
MONREALE, 27 settembre – Un’operazione antimafia è stata condotta stanotte dai carabinieri del Nucleo Investigativo e della Compagnia di Corleone, che hanno dato esecuzione ad una ordinanza di custodia cautelare emessa dal GIP di Palermo Fabrizio Anfuso su richiesta della Procura Distrettuale diretta da Francesco Lo Voi.
L’azione arriva a conclusione di articolate indagini coordinate dal Procuratore aggiunto Leonardo Agueci e dai sostituti Sergio De Montis, Caterina Malagoli e Gaspare Spedale, nei confronti di 12 persone ritenute, a vario titolo, responsabili di associazione di tipo mafioso, estorsione, tentata estorsione e danneggiamento, delitti aggravati dalla finalità di agevolare l'attività dell’associazione mafiosa.
L’operazione costituisce la naturale prosecuzione delle precedenti tre fasi dell’indagine “Grande Passo” relative al mandamento mafioso di Corleone, all’esito delle quali, tra il settembre del 2014 e il novembre del 2015, furono tratti in arresto molti esponenti apicali del sodalizio, gettando, tra l’altro, le basi per l’accesso ispettivo al Comune di Corleone e per il successivo scioglimento dell’Ente per infiltrazioni mafiose.
Nell’ambito di tale contesto di indagine, nel marzo 2014, a seguito della scarcerazione, dopo otto anni di reclusione, di Carmelo Gariffo, nipote di Bernardo Provenzano, venivano riavviate le attività d’intercettazione all’interno dell’ufficio in uso ad Antonino Di Marco, custode del campo sportivo di Corleone, vicino ai vertici corleonesi di Cosa nostra.
Partendo da tale attività di ascolto, le complesse indagini nel tempo sviluppate e condensate nelle operazioni convenzionalmente denominate “Grande Passo” , “Grande Passo 2” e “Grande Passo 3” , hanno permesso, tra l’altro di:
individuare il vertice del mandamento mafioso di Corleone in Rosario Salvatore Lo Bue, appartenente all’area di fede provenzaniana;
identificare i reggenti delle famiglie mafiose di Chiusa Sclafani e Palazzo Adriano, rispettivamente, in Vincenzo Pellitteri e Pietro Paolo Masaracchia,
delineare il ruolo di Antonino Di Marco quale supervisore delle attività della famiglia mafiosa di Palazzo Adriano;
accertare la responsabilità conferita a Pietro Pollichino quale responsabile della gestione del territorio di Contessa Entellina, sottoposto all’influenza della famiglia di Chiusa Sclafani.
Quest’ultima tranche dell’indagine ha consentito di integrare ulteriormente gli elementi acquisiti:
documentando, a seguito delle precedenti operazioni di polizia, la riorganizzazione territoriale dello storico mandamento di Corleone e delle citate famiglie ricadenti nell’area dell’Alto Belice, con l’individuazione dei vertici e dei nuovi assetti;
confermando l’aspra contrapposizione tra le diverse consorterie presenti sul territorio;
ricostruendo nove episodi estorsivi in danno di commercianti ed imprenditori operanti nel settore edilizio, vittime di numerosi atti intimidatori.
L’ordinanza di custodia cautelare, che compendia il quadro probatorio complessivamente raccolto, ha interessato:
Carmelo Gariffo, nipote di Bernardo Provenzano;
Leoluca Lo Bue (allevatore), figlio di Rosario Salvatore Lo Bue, già a capo del mandamento mafioso di Corleone;
Antonino Di Marco, già tratto in arresto nel settembre del 2014 nel corso dell’operazione “Grande Passo” e condannato in primo grado lo scorso febbraio a 12 anni di reclusione per associazione di tipo mafioso ed altro;
Vincenzo Pellitteri, già tratto in arresto nel novembre del 2015 nel corso dell’operazione “Grande Passo 3”;
Pietro Paolo Masaracchia, già tratto in arresto nel settembre del 2014 nel corso dell’operazione “Grande Passo” e condannato in primo grado lo scorso febbraio a 11 anni di reclusione per associazione di tipo mafioso, nonché Vito Biagio Filippello (operaio forestale stagionale), considerato nuovo reggente della famiglia mafiosa di Palazzo Adriano a seguito dell’arresto di Mararacchia;
Bernardo Saporito (allevatore), Francesco Scianni (cantoniere) e Vincenzo Coscino (operaio forestale stagionale), ritenuti organici alla famiglia mafiosa di Corleone;
Francesco Geraci, 45enne, e Francesco Geraci, 49enne, entrambi imprenditori agricoli, rispettivamente nipote e figlio dell’anziano capo famiglia Gaspare Geraci, deceduto lo scorso 5 dicembre 2015, nonché Pietro Vaccaro (allevatore), tutti appartenenti alla famiglia mafiosa di Chiusa Sclafani.
Contestualmente è stata applicata la misura di sicurezza provvisoria della libertà vigilata per anni 2 nei confronti di Gaspare Gebbia e del figlio Pietro mandanti di un progetto omicidiario in danno di un bracciante agricolo di Chiusa Sclafani.
LE ESTORSIONI
Quest’ultima fase dell’indagine ha consentito di acclarare come i vertici delle famiglie di Palazzo Adriano e Chiusa Sclafani pianificassero le attività delittuose da porre in essere sul territorio sotto la supervisione e con l’autorizzazione del capo mandamento corleonese.
In particolare, nel corso dell’attività è stato possibile accertare una lunga serie di estorsioni consumate e tentate ai danni, per lo più, di ditte impegnate nell’esecuzione di lavori pubblici. L’elemento di novità rispetto al passato è rappresentato dalla caduta del muro di omertà di imprenditori e commercianti, che - stanchi di sottostare ad imposizioni e minacce di ogni genere - hanno iniziato a collaborare.
In tale contesto, è emblematica la vicenda che ha interessato, nel luglio del 2014, un imprenditore della provincia di Palermo, aggiudicatario dell’appalto dei lavori di manutenzione di abbeveratoi rurali nel comune di Palazzo Adriano, il quale denunciava l’incendio di due mezzi da lavoro.
Il contenuto della denuncia è stato suffragato dalle attività tecniche telefoniche e ambientali, in parte riportate nel video allegato, che hanno consentito di appurare i ruoli degli indagati nella vicenda estorsiva e, più in generale, in seno all’organizzazione mafiosa.
Il dato emerso con ricorrenza nel corso delle indagini, per tutte le vicende estorsive, è l’insistente e pressante azione degli indagati per la riscossione della “messa a posto”, come documentato dalle intercettazioni.
IL PROGETTO OMICIDIARIO IN DANNO DI UN BRACCIANTE AGRICOLO DI CHIUSA SCLAFANI
Nel medesimo contesto investigativo sono stati altresì raccolti elementi comprovanti il ruolo di GEBBIA Gaspare (coltivatore) e del figlio Pietro quali istigatori e mandanti di un progetto omicidiario in danno di un bracciante agricolo di Chiusa Sclafani. Le indagini hanno permesso di documentare tutte le fasi di pianificazione del progetto omicidiario e di individuare il movente.
L’omicidio non ha trovato alcuna concreta attuazione, venendo sventato grazie all’intervento degli inquirenti che sottoponevano a fermo di indiziato di delitto, il 23 settembre del 2014, Pietro Paolo Masaracchia, ed il 20 novembre 2015, Vincenzo Pellitteri, rinvenendo in quella occasione, all’interno del suo ovile di Chiusa Sclafani, le armi da fuoco, dallo stesso illegalmente detenute, che dovevano essere utilizzate per la commissione del delitto.
Nei confronti dei mandanti, alla cui identificazione si è giunti nel corso di quest’ultimo sviluppo di indagine, è stata applicata della misura di sicurezza della libertà vigilata.
CONCLUSIONI
È evidente, come rilevato durante tutto lo sviluppo dell’attività investigativa, che il racket delle estorsioni, oltre ad essere uno strumento di accumulazione illecita di risorse, costituisce un’attività funzionale al concreto esercizio del potere mafioso e al controllo del territorio secondo la logica dell’intimidazione e della sopraffazione. Un modus operandi che produce, di converso, uno stato di sudditanza da parte delle vittime o, diversamente, una sorta di rapporto solidaristico con i membri del gruppo criminale.
In conclusione, le indagini hanno ancora una volta documentato l’andamento pressoché costante della pressione mafiosa sul tessuto produttivo nell’entroterra della provincia palermitana, che ha ingenerato un clima di paura e un muro di omertà, per la prima volta incrinato dalla collaborazione spontanea di imprenditori locali.
È evidente come i rilevanti risultati conseguiti, proprio poiché contestualizzati in un’area fortemente condizionata dalla criminalità organizzata e per la vastissima diffusione del fenomeno delle estorsioni, non potrà che infondere ulteriormente fiducia nell’operato della Magistratura e dei Carabinieri.
ELENCO:
Gariffo Carmelo, nato a Corleone (Pa) l’11 agosto 1958, ivi residente;
Vaccaro Pietro, nato a Chiusa Sclafani (Pa) il 25 novembre 1961, ivi residente;
Coscino Vincenzo, nato a Chiusa Sclafani il 26 febbraio 1971, ivi residente;
Saporito Bernardo, nato a Corleone il 22 aprile 1970, ivi residente;
Di Marco Antonino, nato a Corleone il 29 settembre 1956, ivi residente, in atto detenuto presso la casa circondariale Pagliarelli di palermo;
Lo Bue Leoluca, nato a Corleone il 29 maggio 1979, ivi residente;
Pellitteri Vincenzo, nato a Chiusa Sclafani il 26 aprile 1952, ivi residente, in atto detenuto presso la casa circondariale di Nuoro;
Scianni Francesco Paolo, nato a Corleone il 30 gennaio 1951, ivi residente, in atto detenuto presso la casa circondariale Pagliarelli di Palermo;
Filippello Vito Biagio, nato a Palazzo Adriano (Pa) il 27 maggio 1958, ivi residente;
Masaracchia Pietro Paolo, nato a Palazzo Adriano il 15 marzo 1950, ivi residente, in atto detenuto presso la casa circondariale di Prato;
Geraci Francesco, nato a Palermo il 9 marzo 1966, residente a Chiusa Sclafani;
Geraci Francesco, nato a Palermo il 29 marzo 1971, residente a Chiusa Sclafani;
Medesimo contesto sono stati sottoposti alla misura di sicurezza provvisoria della libertà vigilata:
Gebbia Gaspare, nato a Chiusa Sclafani il 20 novembre 1941, ivi residente;
Gebbia Pietro, nato a Palazzo Adriano (Pa) il 7 novembre 1984, residente a Chiusa Sclafani.
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