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Mafia, secondo gli investigatori così erano i nuovi equilibri della famiglia di Monreale

| Enzo Ganci | Nera e giudiziaria

Giovan Battista Ciulla viene individuato come la figura di spicco

PALERMO, 16 marzo – Nell’ambito delle indagini che hanno portato all’arresto di 62 persone ritenute coinvolte a vario titolo nell’inchiesta denominata “Brasca 4.0”, gli investigatori hanno condotto mirati approfondimenti sulla famiglia mafiosa di Monreale.

La stessa viene considerata una delle articolazioni più rilevanti del mandamento di San Giuseppe Jato, anche in considerazione della posizione strategica per la vicinanza alla città di Palermo. Nell’aprile del 2013 l’operazione “Nuovo Mandamento” aveva disvelato il nuovo organigramma del sodalizio mafioso diretto da Vincenzo Madonia e Carmelo La Ciura (già condannati per associazione mafiosa), che si erano avvalsi della collaborazione nel territorio di Pioppo di Giuseppe Lucido Libranti (imputato per le stesse indagini innanzi alla Corte d’Assise di Palermo), nonché aveva fatto emergere una violenta contrapposizione interna fra i predetti e il gruppo dei soggetti detenuti, culminata con l’episodio della scomparsa, nel marzo 2012, con il metodo della lupara bianca, di Giuseppe Billitteri.

Le indagini hanno consentito di appurare che la riorganizzazione della famiglia sarebbe avvenuta sotto la direzione di Giovan Battista Ciulla, fisioterapista a domicilio, privo di precedenti penali, ma ritenuto addentrato nelle dinamiche mafiose per via dei legami con Carmelo La Ciura, in quanto “figlioccio” del genero. Sulla base di tali presupposti il giovane era stato elevato da semplice soldato a generale, così come esplicitamente asserito nel corso di una intercettazione ambientale, allorquando, affrontando la questione della sua nomina a reggente della famiglia mafiosa, riconducendo il discorso in un ambiente paragonato a quello militare, Ciulla, appunto, affermava: “A me … mi ha stranizzato allora, quando mi hanno detto … dice … che a te avevano fatto questo vestitino … ho detto: “mah!” … Però ora … quando uno non lo sa portare il vestito …”“Ma nemmeno prima me ne potevo uscire! … Perché purtroppo non è che è una cosa di ora! … E’ una cosa di sempre! …”“… solo che prima io ero solo … che … “ ”Un soldato eri!…” ”… partivo … nel momento di bisogno! …” “Il soldato … ora è diventato generale! …”.

Gli approfondimenti investigativi permettevano di ricostruire l’organigramma della famiglia mafiosa, individuando quale rappresentante Giovan Battista Culla, nonché Onofrio Buzzetta, imprenditore edile, nella qualità di capo decina di Pioppo, e Giuseppe Giorlando (già arrestato nel corso dell’operazione “Apocalisse” per estorsione) e Nicola Rinicella, incensurato, pure loro imprenditori edili, quali sodali.

In particolare, sarebbe stato accertato che Ciulla era stato voluto dai vertici del mandamento di San Giuseppe Jato, che avevano imposto la supervisione del loro capo decina, Giuseppe D’Anna. Il rapporto tra i due si era poi consolidato in occasione delle nozze di D’Anna il quale sceglieva Ciulla quale “compare di anello”.

Anche in questo caso è risultato che l’insediamento del nuovo potere mafioso nel territorio monrealese si è accompagnato ad una recrudescenza di episodi delittuosi, in particolare danneggiamenti e tentativi di estorsioni che vedeva coinvolta la famiglia mafiosa di Monreale.

Il più eclatante di questi, in paese, risultava essere sicuramente l’incendio dell’autovettura in uso a Veronica Madonia, figlia di Vincenzo, avvenuto il 21 maggio 2014 proprio di fronte l’abitazione del vecchio rappresentante della famiglia mafiosa di Monreale, tratto in arresto nell’operazione “Nuovo Mandamento” e condannato in primo grado, il 19 dicembre 2014, a 12 anni di reclusione. L’evento era prova dell’incisiva manifestazione di forza dell’insediamento nel territorio di Monreale del nuovo assetto mafioso che aveva ormai scalzato il vecchio.

All’affermazione della nuova articolazione della compagine mafiosa corrispondeva inoltre – come dimostrato nel corso dell’indagine – la volontà di Giovan Battista Ciulla di esercitare un ferreo controllo sui lavori edilizi in corso sul territorio monrealese. Significativa, in tal senso, era l’intercettazione di una conversazione nel corso della quale Ciulla palesava il suo progetto di voler controllare almeno il 60% dei lavori sul territorio nel settore edile: “eh…og…oggi, stasera c’è rompimento di coglioni...dico voglio fare io ora, che almeno il sessanta per cento dei lavori che riguarda scavatori e tutto”,“me la sfrutto io, tutto, io devo riuscire in un anno…”.

In tale contesto si inquadravano alcuni danneggiamenti a scopo intimidatorio avvenuti nei territori di Monreale e Pioppo. Alcuni di questi venivano denunciati dai titolari delle imprese interessate e le indagini comprovavano il diretto coinvolgimento di Giovan Battista Ciulla, Onofrio Buzzetta e Giuseppe Giorlando , sotto la supervisione di Giuseppe D’Anna.

Il comportamento talvolta spregiudicato di Ciulla faceva emergere profondi contrasti con gli esponenti della famiglia mafiosa di San Giuseppe Jato, a seguito dei quali si rendeva necessario anche il diretto interessamento da parte del capo mandamento Gregorio Agrigento. In particolare, alla base di tali contese, si ponevano le contestazioni mosse a Ciulla il quale deliberatamente non aderiva alle convocazioni dei vertici mafiosi (disertando le riunioni), non gestiva “correttamente” il denaro provento delle attività illecite (in un caso anche impossessandosi di una somma di denaro destinata alla cassa del mandamento) ed infine intratteneva una relazione extraconiugale con la moglie di un detenuto, in violazione delle tradizionali regole di Cosa Nostra.

 

· Enzo Ganci · Editoriali

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