Quel diritto non poteva essere prescritto: a due cittadine monrealesi un indennizzo da 70 mila euro dopo la morte di un congiunto

Il tribunale di Palermo condanna il ministero della Salute a quasi vent’anni dall’evento

PALERMO, 20 novembre – Storica sentenza del tribunale di Palermo, sezione lavoro, in materia di risarcimento danni in favore degli operatori sanitari venuti a contatto con sangue infetto.

Il Tribunale, infatti, condannando il ministero della Salute, con sentenza del 19 novembre 2015, ha riconosciuto il diritto di due cittadine monrealesi, assistite e difese dallo studio legale Ganci – Miceli, ai benefici previsti dalla legge 210/1992, ossia ad un indennizzo di oltre 70.000 euro, nella qualità di coniuge e figlia di un operatore sanitario deceduto in seguito a contatto con sangue infetto da HCV. Il riconoscimento è arrivato nonostante fossero passati quasi vent’anni dal decesso, avvenuto nel 1996.

L’organo giudicante, infatti, ha dato ragione alle tesi innovative degli avvocati Fabio Ganci e Walter Miceli, coadiuvati dalla preziosa collaborazione dell’avvocato Giuseppe Innaimi.
I legali, infatti, traendo spunto dalla sentenza della Corte Costituzionale 476/2002, che ha equiparato la situazione degli operatori sanitari che in conseguenza del servizio avessero contratto il virus dell’HIV, e quella degli operatori sanitari che, in conseguenza del servizio prestato, avessero contratto il virus HCV, hanno affermato che il diritto al risarcimento non poteva dirsi prescritto, anche se l’evento morte si era verificato nel 1996, in quanto il termine decennale doveva decorrere dal 2002, anno di pubblicazione della sentenza della Corte Costituzionale, e non dal 1996, come da giurisprudenza sino ad oggi pacifica.Una tesi innovativa, da cui è scaturita una pronuncia senza precedenti.

“Questa storica sentenza, unica in Italia – afferma soddisfatto l’avvocato Fabio Ganci – rende giustizia alle nostre assistite monrealesi, riconoscendo il loro diritto, dopo anni di sofferta contesa giudiziaria, ad essere indennizzate per la scomparsa del proprio caro, dovuta ad un infortunio occorso nell’esercizio della professione.

Il giudice ha accolto la nostra tesi difensiva, basata su una originale e innovativa lettura costituzionalmente orientata della legge 210/1992, alla luce dei principi di ragionevolezza, uguaglianza e solidarietà pilastri del nostro ordinamento. Voglio condividere la soddisfazione di questo risultato con il mio collega e amico avvocato Walter Miceli, che ha profuso tantissime energie in questa causa, e con il nostro collaboratore avvocato Giuseppe Innaimi, per il suo straordinario lavoro di ricerca”.