Il reato da contestare sarebbe stato diverso
PALERMO, 29 maggio – Il giudice per le indagini preliminari, Ettorina Contino ha annullato il provvedimento restrittivo degli arresti domiciliari per i deputati regionali Nino Dina (Udc) e Roberto Clemente (Pid) e per l’ex deputato regionale, Franco Mineo.
La motivazione sta nel fatto che sarebbero cessate le esigenze cautelari, ma soprattutto perché, secondo i legali, il reato da contestare loro sarebbe un altro. Un reato che prevede un tetto massimo di pena a tre anni e dunque al di sotto del limite che fa scattare la custodia cautelare.
A sollevare il caso sono stati gli avvocati che difendono Clemente, Marco, Giulia e Valentina Clementi, secondo i quali al loro assistito andava contestato un reato diverso da quello per cui è finito agli arresti. Il provvedimento che ha posto Clemente ai domiciliari fa riferimento all'articolo 96 del Decreto del Presidente della Repubblica 361 del 1957. Un articolo che prevede una pena, in caso di condanna, da uno a quattro anni di carcere, e dunque anche l'applicabilità della custodia cautelare.
I legali, invece, hanno sostenuto che i fatti da contestare a Clemente devono fare riferimento all'articolo 86 del decreto 570 del 1970. Normativa che prevede una pena massima di tre anni e cioè al di sotto del tetto dei quattro anni a partire dal quale può scattare una misura cautelare. Da qui la revoca immediata degli arresti domiciliari. Per “transitività”, quindi, il principio può essere applicato anche alle posizioni di Nino Dina e Franco Mineo (difesi dagli avvocati Marcello Montalbano e Ninni Reina.