Blitz antimafia a Corleone, quattro persone in manette. I NOMI E LE FOTO
L'azione dei militari fa seguito a quella denominata "Grande passo"
CORLEONE, 27 gennaio – Sono quattro gli uomini finiti in manette a seguito della complessa ed articolata attività di indagine svolta dai carabinieri della Compagnia di coordinata dalla DDA di Palermo su impulso del Procuratore Aggiunto Leonardo Agueci.
L’azione è stata condotta sui mandamenti mafiosi di Corleone e Misilmeri-Belmonte Mezzagno ed ha evidenziato il ruolo di persone tra boss e gregari, indagati per il reato di estorsione, aggravato dall’essere stato commesso con l’aggravante del metodo mafioso.
I provvedimenti scaturiscono da un’attività investigativa sviluppata in prosecuzione delle indagini che hanno recentemente colpito gli esponenti delle famiglie mafiose di Corleone e Palazzo Adriano, denominate convenzionalmente Operazione “Grande Passo”, conclusesi nel settembre del 2014 con la disarticolazione delle strutture criminali, sino ad allora difficilmente permeabili.
Le acquisizioni investigative, sviluppate attraverso attività tecniche e servizi di osservazione e pedinamento, ma anche grazie alla collaborazione di vittime di estorsioni, hanno permesso di ricostruire e delineare ancor meglio l’intero assetto della famiglia mafiosa di Palazzo Adriano, di quella di Corleone e i rapporti del citato Mandamento con quelli limitrofi, nel dettaglio con la famiglia mafiosa di Villafrati.
Nello specifico, grazie alla ricostruzione di ruoli e compiti degli associati alle varie famiglie mafiose, la maggior parte dei quali non ancora individuati con la precedente operazione di servizio, sono stati arrestati:
Ciro Badami, detto Franco, appartenente alla famiglia mafiosa di Villafrati, già tratto in arresto nell’ambito dell’operazione “Grande Mandamento” del 2005 (con la quale si intercettò il complesso circuito che consentiva lo scambio di comunicazioni e direttive tra l’allora capo dei capi di cosa nostra Bernardo Provenzano e i rappresentanti delle famiglie mafiose di Bagheria, Baucina, Belmonte Mezzagno, Casteldaccia, Ciminna, Villabate e Villafrati) per il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso poiché ritenuto responsabile di coadiuvare attivamente e costantemente il capo famiglia nella materiale riscossione di somme di denaro provento di estorsione;
Francesco Paolo Scianni, uomo di fiducia e fiancheggiatore di Antonino Di Marco, già arrestato nell’ambito dell’operazione Grande Passo del 2014 e utilizzato da questi per mantenere i contatti per la riscossione delle estorsioni e come anello di congiunzione con la famiglia mafiosa di Villafrati;
Pietro Paolo Masaracchia, già tratto in arresto nella citata operazione Grande Passo, attualmente detenuto, capo della famiglia mafiosa di Palazzo Adriano;
Antonino Lo Bosco, appartenente alla famiglia mafiosa di Palazzo Adriano e in contrapposizione con il capo famiglia Masaracchia.
LE ESTORSIONI
Nel corso delle investigazioni, sono stati ricostruiti ben 4 nuovi casi di estorsione, ai danni di imprenditori impegnati nel settore dell’edilizia e del commercio, sia nelle fasi dell’apertura che della gestione degli esercizi commerciali.
Per la prima volta è stata constatata la preziosa collaborazione delle vittime che hanno offerto il loro contributo, abbandonando l’atteggiamento di reticenza che fin ora ha caratterizzato gli imprenditori e gli esercenti operanti nel territorio di Corleone.
Il muro di omertà degli imprenditori e dei commercianti ha ceduto di fronte all’operato repressivo svolto negli ultimi tempi e alla professionalità dimostrata da magistrati e investigatori, i quali hanno saputo rassicurare ed infondere fiducia nelle vittime. Queste ultime hanno così deciso di raccontare senza alcun riserbo il meccanismo di pagamento del “pizzo”.
Le indagini hanno messo in luce un singolare radicamento delle competenze a esigere il “pizzo”: l’imprenditore o il commerciante è chiamato a versare le somme estorte sia alle famiglie mafiose presente nel proprio paese di origine sia a quelle operative nelle aree ove l’attività economica si svolge.
Altro elemento di novità per l’area in questione emerso con l’odierna indagine: mentre con l’operazione Grande Passo è stato possibile documentare come le vittime privilegiate degli associati a cosa nostra fossero quegli imprenditori impegnati nell’esecuzione di appalti pubblici, ora è stato appurato come il metodo estorsivo possa essere applicato anche ai singoli esercizi commerciali o per l’esecuzione di lavori di edilizia privata.
Ed ancora, altro imprenditore è stato costretto a pagare per due volte il pizzo relativo allo stesso lavoro rispettivamente a due esponenti della famiglia mafiosa di Palazzo Adriano in contrapposizione tra loro.
CONCLUSIONI
In conclusione, quella che è emersa dalle indagini è la fotografia di una mafia che nonostante le varie operazioni di polizia riesce sempre a riorganizzare le proprie fila, individuando nuovi affiliati.
Ancora una volta è stato accertato come uno dei principali canali di sostentamento delle consorterie mafiose è rappresentato dal provento delle estorsioni, commesse ora anche nei confronti di attività economiche di privati. Questa pressante azione estorsiva, peraltro, si è ripercossa sullo sviluppo economico delle comunità dell’entroterra palermitano, tenuto conto che spesso gli imprenditori hanno dovuto rinunciare persino alla prosecuzione delle loro intraprese aziendali, con la chiusura delle attività, soffocati dall’imposizione del “pizzo”.
È evidente come i rilevanti risultati conseguiti, proprio poiché contestualizzati in un’area fortemente destabilizzata dalla criminalità organizzata e per la vastissima diffusione del fenomeno delle estorsioni, non potrà che infondere ulteriormente fiducia nell’operato della Magistratura e dei Carabinieri, contribuendo quindi a far cadere quel muro di omertà che è elemento essenziale per la riuscita degli intenti criminali.
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