L'imprenditore monrealese dovrà "giustificare" la provenienza del suo impero
PALERMO, 28 ottobre – Al momento è una grossa, grossissima indagine patrimoniale. Non è escluso, però - è parere degli inquirenti - che quella a carico di Calcedonio Di Giovanni, 75 anni, imprenditore monrealese, possa trasformarsi in un'indagine penale a sfondo mafioso.
I contorni di un'inchiesta che sfiora il mezzo miliardo di euro sono stati delineati stamattina dai vertici della Direzione Investigativa Antimafia di Palermo e Trapani in una conferenza stampa, condotta dai colonnelli Riccardo Sciuto e Rocco Lo Pane, rispettivamente di Palermo e Trapani, nella quale la figura del costruttore monrealese, a capo di un'impero edilizio di circa cinquecento unità abitative, è emersa come quella di un uomo, come dicono gli investigatori "contiguo a Cosa Nostra", appartentente ad una "zona grigia" sulla quale si continuerà a fare luce. Tutto questo pur non essendo un affiliato, né aver subito condanne per mafia.
Calcedonio Di Giovanni dovrà giustificare, agli occhi della magistratura, come sia riuscito ad entrare nella proprietà della "Park Corporation spa", rilevando questa società dal valore di cinquecento milioni di lire di allora (corrispondenti, secondo i calcoli della Dia, a circa sette-otto milioni di euro attuali), per poi allargarne gli orizzonti, mettendo sù un patrimonio ingente, fatto di circa venti società, alcune delle quali ubicate all'estero
L'inchiesta a carico di Calcedonio Di Giovanni, seppur in maniera frammentaria, nasce nel '72. Qualche tempo dopo, precisamente nel '74 l'imprenditore monrealese rilevò la società da Vito Roberto Palazzolo, considerato il grande "riciclatore"di Cosa Nostra e da alcuni imprenditori stranieri. Tutto questo, pur essendo soltanto un semplice dipendente regionale assunto qualche mese prima (ruolo che lasciò poco dopo).
Era quello – hanno evidenziato gli uomini della Dia – un periodo "caldo", soprattutto nella zona di Mazara del Vallo, dove arrivava la morfina dal medio oriente, per essere raffinata e spedita poi negli Usa per alimentare quella che veniva definita la "Pizza Connection".
La sintesi della questione è che, nel parere della Direzione Investigativa Antimafia, Di Giovanni avrebbe vissuto con proventi illeciti. Con questi avrebbe realizzato il suo impero, il cui emblema è il residence turistico di Kartibubbo, a Campobello di Mazara. Una teoria, quella degli inquirenti, supportata dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Rosario Spatola e Pietro Bono. A Di Giovanni, in pratica, sarebbe stato messo adisposizione un patrimonio ingente di provenienza illecita.
In una circostanza come questa, la figura dell'imprenditore monrealese è stata passata ai raggi X e sono venute fuori la sua parentela con Calcedonio Bruno, killer spietato al servizio del boss Mariano Agate, alcune sue condanne varie, non ancora passate in giudicato, per truffa, furto di energia ed altri reati, così come per la morte di una turista folgorata sotto la doccia, ed i suoi rapporti con la Massoneria e con Pino Mandalari, il commercialista di Cosa Nostra.