Omicidio di Concetta Conigliaro, arrestati padre e figlio: Antonino e Vincenzo Caltagirone
Le indagini sono state condotte dai carabinieri della Compagnia di Monreale
SAN GIUSEPPE JATO, 7 ottobre – Una svolta, forse decisiva, nelle indagini che riguardano l'omicidio di Concetta Conigliaro, la 27enne di San Giuseppe Jato, scomparsa il 9 aprile scorso, della quale furono ritrovati dei resti, nel mese di giugno.
Nel pomeriggio di ieri i carabinieri della Compagnia di Monreale hanno dato esecuzione a due ordinanze di custodia cautelare a carico di Antonino Caltagirone, 32 anni, pregiudicato, e di suo padre Vincenzo, 72, entrambi di San Cipirello. I provvedimenti, emsssi dal Gip Lorenzo Matassa, scaturiscono dalle indagini coordinate dalla Procura della Repubblica di Palermo, Sostituti Procuratori, Gianluca De Leo e Ilaria De Somma, sull'omicidio di Concetta Conigliaro per il quale, l'8 giugno scorso, i militari avevano fermato il marito Salvatore Maniscalco. L'uomo, in precedenza e precisamente il 23 aprile, ne aveva denunziato falsamente l'allontanamento volontario. Dopo approfondite indagini finalizzate a ricostruire tutte le tracce della presenza di Concetta nei giorni immediatamente antecedenti alla sua sparizione, gli investigatori di Monreale avevano focalizzato la loro attenzione sul marito, tradito peraltro da un particolare dettaglio emerso dagli accertamenti: i tabulati sviluppati sulla scheda sim della donna ne avevano infatti dimostrato l'associazione con il telefono dell'uomo il 13 aprile e dunque dopo quattro giorni dalla data del 9 aprile, che più circostanze indicavano come ultimo giorno di accertata presenza della vittima.
Dopo un estenuante interrogatorio dei militari, Maniscalco, crollato, li aveva condotti sul luogo dove poi furono rinvenuti parziali resti umani, completamente carbonizzati, che lo stesso Maniscalco aveva poi indicato come quelli di sua moglie.
Da quel momento in poi, prima di fronte al piemme e poi di fronte al Gip, l'uomo aveva alternato profondi silenzi a sproloqui consistiti in dichiarazioni inverosimili o contraddittorie, motivo per cui, convalidato il fermo, era rimasto all'Ucciardone.
Sin dalle prime battute gli investigatori si erano persuasi che Maniscalco potesse aver contato sulla collaborazione di qualcuno: appariva inverosimile, infatti, che avesse depezzato, trasportato e carbonizzato il cadavere della povera Concetta, senza ricevere l'aiuto di nessuno. I suoi stretti legami con i Caltagirone, rispettivamente zio e cugino, insieme ai quali lavorava quale manovale per la raccolta e lo smaltimento di rifiuti ferrosi, avevano indirizzato i sospetti su questi ultimi, già sentiti nelle primissime battute dell'indagine; continui, seppure confusi, i riferimenti di Maniscalco alla partecipazione di terzi, mai precisamente specificati.
I carabinieri della Compagnia di Monreale, guidati dalla Procura della Repubblica di Palermo, hanno effettuato una serie di accertamenti finalizzati a riscontrare le dichiarazioni rese da Maniscalco e dai Caltagirone, incrociando i fatti emersi con le informazioni acquisite da vicini di casa e dall'analisi dei tabulati dei loro telefoni cellulari. Determinante anche l'apporto concreto e collaborativo della legale della vittima, l'avvocato Maria Grazia Messeri, per fornire un quadro di situazione dettagliato ed attendibile che ha orientato i carabinieri sulla ricostruzione dei rapporti coniugali ormai deterioratisi e su incontri "pacificatori" che la Conigliaro avrebbe avuto con il marito anche alla presenza dei due arrestati.
Già nelle perquisizioni seguite nell'immediatezza del fermo del Maniscalco, i militari avevano trovato a casa dei Caltagirone delle taniche uguali a quella rinvenuta in contrada Giambascio, oltre a delle immagini sacre, simili a quella ritrovata a fianco ai resti ossei ed incompatibile con la professione evangelica di Maniscalco e della moglie, ma compatibili solo con quelle dei Caltagirone. Quella notte, quando i militari li avevano convocati in caserma per interrogarli, i Caltagirone avevano da subito manifestato ingiustificata animosità, tanto da costringere gli operanti ad ammanettare Antonino che gli si era anche avventato contro.
I tabulati, inoltre, dimostravano un infittirsi dei contatti, sin dalle prime ore del mattino, nei giorni successivi alla scomparsa della sventurata.
Un importante particolare è emerso in relazione ad uno sgombero di rifiuti ferrosi da casa Maniscalco nelle giornate immediatamente successive a quelle della sparizione della donna: tra quei rifiuti, che i Caltagirone avevano raccolto con un loro camion direttamente da casa Maniscalco, ci sarebbe stato un fusto metallico in tutto simile a quello fatto rinvenire da Maniscalco e che conteneva i resti carbonizzati della moglie.
Il riscontro con la ditta che generalmente riceveva i carichi di rifiuti metallici da parte dei Caltagirone ha dimostrato che, nonostante in quel periodo i due avessero effettuato numerose consegne, tra quanto versato e figurante sulle diverse ricevute non figurava alcun fusto metallico. L'analisi delle celle agganciate dai telefoni dei Caltagirone ha inoltre evidenziato, nei giorni immediatamente successivi alla scomparsa, diversi passaggi nell'area dove poi sono stati rinvenuti i resti.
Rilevante anche il contributo offerto da un'ambientale nella Fiat 600 in uso ai due, a bordo della quale padre e figlio commentavano i timori relativi alle possibili imputazioni derivanti dal loro coinvolgimento nella triste vicenda e la pressoché completa certezza di venirne coinvolti: proprio per questo, prima di rendere interrogatorio di fronte al piemme, i due avevano concordato le rispettive versioni dei fatti; ciononostante alle domande postegli sono emersi silenzi, contraddizioni o rifiuti di rispondere. Dopo gli adempimenti di rito, Antonino Caltagirone è stato condotto all'Ucciardone, mentre il padre settantaduenne è agli arresti domiciliari.
Sembra arrivata alla battute finali, pertanto, l'orribile vicenda di quel femminicidio, di cui gli inquirenti cercheranno ora di chiarire ulteriori dettagli e responsabilità individuali.
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