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Evase dai domiciliari, ma il fatto è “tenue”: prosciolto cittadino tunisino

| Enzo Ganci | Nera e giudiziaria

L’uomo, che viveva a Pioppo, era già stato assolto dall’accusa di rapina

PALERMO, 5 maggio – Nello scorso mese di luglio era stato messo ai domiciliari perché ritenuto il rapinatore di un conoscente al quale poi avrebbe chiesto il cosiddetto “cavallo di ritorno”, cioè la restituzione del maltolto dietro compenso.

Da quell’accusa Montassar Amami, cittadino tunisino, all’epoca dei fatti residente a Pioppo con regolare permesso di soggiorno, era stato scagionato due mesi fa. A suo carico, però, restava l’accusa di evasione dai domiciliari poiché durante il periodo durante il quale era sottoposto alla misura cautelare era uscito di casa per andare a prendere il figlio ed in quella circostanza era stato “pizzicato” dalla Polizia.

Oggi il Tribunale di Palermo, sezione seconda penale, lo ha prosciolto dal reato di evasione dagli arresti domiciliari per la tenuità della condotta. In pratica Amami, difeso in giudizio dall’avvocato Alessandro Musso, ha sì commesso il fatto, ma questo è stato ritenuto dal giudice talmente lieve, da non meritare condanna o ulteriori misure coercitive.
Ricostruendo la vicenda di Montassar Amami, va detto contro che questi, sposato in Italia, lo scorso 22 luglio, il Gip presso il Tribunale di Palermo aveva emesso una ordinanza, perché accusato di avere rapinato un conoscente nella zona della stazione centrale di Palermo per poi chiedergli il cosiddetto "cavallo di ritorno". Per Amami, pertanto, ritenuti sussistenti i gravi indizi di colpevolezza e le esigenze cautelari, erano stati applicati gli arresti domiciliari.

A denunciare l'uomo era stata la vittima, che aveva fornito ai poliziotti anche il numero telefonico dell'indagato, permettendo agli agenti di individuarlo in tempi brevi. Assieme a un complice non ancora identificato, secondo quanto ricostruito, Amami avrebbe sottratto le chiavi dello scooter alla vittima e per restituirle aveva chiesto dei soldi. L'uomo aveva ceduto al ricatto e quando aveva estratto il portafogli i due glielo avrebbero strappato di mano dandosi a precipitosa fuga.

Durante il processo, celebratosi innanzi alla quinta Sezione collegiale, presieduta dal giudice Falcone, il quadro probatorio si era depotenziato. La presunta vittima ritrattava, non confermando molte delle circostanze esposte in sede di denuncia e in particolare dichiarava, contariamente a quanto denunciato, che non era sicuro che fosse stato il tunisino a rapinarlo, ma che era più propenso a dire che era stato l' altro. Poi non confermava la circostanza che Montassar Amami avesse preteso dei soldi in cambio della restituzione dei documenti.

Nel marzo scorso il tribunale aveva definito il procedimento a carico del nordafricano, accogliendo le richiesta di assoluzione del legale, per il reato di rapina pluriaggravata in concorso, a fronte di una richiesta di tre anni di reclusione prospettata dalla pubblica accusa. Restava in piedi solo l’accusa di evasione che è decaduta oggi.

· Enzo Ganci · Editoriali

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