Le figura dell’ufficiale dei carabinieri e dei suoi uomini commemorate anche sul luogo del delitto. LE FOTO
MONREALE, 13 giugno – Un mazzo di fiori per non dimenticarne il sacrificio, benchè siano passati trentatré anni. Le figure del capitano Mario D’Aleo, dell’appuntato Giuseppe Bommarito e del carabinieri Pietro Morici sono state commemorate stamattina a piazza Canale.
A pochi metri di distanza da dove il 4 maggio del 1980 cadde il capitano Emanuele Basile, freddato durante i festeggiamenti del SS.Crocifisso, sorge la lapide che l’amministrazione comunale, alcuni anni fa, ha voluto ricordare l’agguato di via Scobar, quello teso ad eliminare un ufficiale, il capitano Mario D’Aleo, che da Basile aveva ereditato le indagini.
Alla cerimonia hanno preso parte il sindaco Piero Capizzi, con diversi assessori della sua giunta, più acluni consiglieri comunali, il comandante del Gruppo carabinieri di Monreale, tenente colonnello Piero Sutera, i familiari delle vittime ed i rappresentanti dell’Associazione Nazionale Carabinieri, dell’Associazione Nazionale Polizia di Stato e del Parlamento della Legalità.
Presenti pure diversi giovani, forse l’elemento più confortante della manifestazione, segno che nelle scuole è stato effettuato un valido lavoro di esercizio della memoria, per far sì che il sacrificio degli uomini dell’Arma non sia stato vano.
In precedenza l’omicidio del capitano D’Aleo e degli uomini della sua cscorta era stato ommemorato in via Scobar, luogo del delitto.
La storia ci ricorda che il capitano Mario D’Aleo, 29enne comandante della Compagnia Carabinieri di Monreale venne assassinato il 13 giugno 1983 da un commando di sicari di “Cosa Nostra” giunti a bordo di due motociclette sotto la sua abitazione in via Cristoforo Scobar a Palermo, mentre l’Appuntato Giuseppe Bommarito ed il Carabiniere Pietro Morici che attendevano l’ufficiale, furono uccisi in macchina, a poca distanza dal portone.
D’Aleo animato da senso del dovere ed attaccamento alle istituzioni, aveva sostituito nel ruolo di Comandante della Compagnia, il Capitano Emanuele Basile, ucciso tre anni prima sotto gli occhi della moglie e della figlia. Da lui ereditò le indagini che aveva avviato il suo predecessore, sui traffici illeciti gestiti dalle famiglie mafiose di San Giuseppe Jato, Altofonte e Monreale.
Aveva approfondito indagini dirette a colpire gli interessi mafiosi nella zona, anche tramite fermi ed arresti, dimostrando pubblicamente di volere compiere il suo dovere, senza farsi condizionare dal potere mafioso acquisito dai boss e dal pericolo delle loro ritorsioni.
Il primo segnale il giovane Capitano lo ricevette il 7 gennaio 1982, quando osò arrestare Giovanni Brusca, responsabile di alcuni attentati intimidatori, allora rampollo della famiglia di San Giuseppe Jato, che era agli inizi della sua carriera criminale e oggi collaboratore di giustizia.
Il nonno del boss, Emanuele Brusca, si presentò allora in caserma per “rimproverare” il giovane capitano per quello che aveva fatto al nipote che definiva “un bravo ragazzo”.
La mafia uccidendo D’Aleo volle fermare l’azione dello Stato che avrebbe potuto ledere gli interessi ed il prestigio di Cosa Nostra sul territorio, tra l’altro, l’Ufficiale stava mettendo in pericolo la latitanza di due boss del calibro di Bernardo Brusca e Salvatore Riina.