Aggrediti i beni di Stefano Bologna, Tommaso Di Giovanni e Nicolò Testa
PALERMO, 31 luglio – I Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Palermo hanno dato esecuzione a tre provvedimenti di confisca emessi dal Tribunale di Palermo – Sezione Misure di Prevenzione, colpendo beni riconducibili a soggetti legati alla criminalità organizzata.
Il primo provvedimento ha disposto la confisca di primo grado dei beni riconducibili a Stefano Bologna, 63 anni, arrestato nell’ottobre 2021 nell’ambito dell’operazione Nemesi e condannato a 2 anni e 8 mesi di reclusione per traffico di sostanze stupefacenti. L’indagine aveva svelato l’esistenza di un’organizzazione attiva nel quartiere Sperone di Palermo, che coinvolgeva interi nuclei familiari, anche con l’impiego di minori, per lo spaccio di hashish e marijuana. I beni confiscati a Bologna, per un valore complessivo di circa 500.000 euro, comprendono un bar sito a Bagheria con l’intero complesso dei beni aziendali e quattro rapporti bancari.
Il secondo provvedimento, divenuto irrevocabile con sentenza della Corte di Cassazione, ha riguardato Tommaso Di Giovanni, 59 anni, arrestato nel marzo 2019 nell’ambito dell’operazione Atena con l’accusa di avere diretto, insieme ai fratelli, il mandamento mafioso di Porta Nuova. Già coinvolto anche nelle operazioni Perseo e Pedro, Di Giovanni è stato condannato in via definitiva a 15 anni e 6 mesi di reclusione. La confisca ha interessato beni per un valore complessivo di circa 700.000 euro: un’impresa individuale attiva nel commercio al dettaglio di carni, un fabbricato su tre elevazioni composto da dieci vani, un’abitazione ultrapopolare e la metà di un locale commerciale, tutti ubicati a Palermo.
Il terzo provvedimento, anch’esso irrevocabile a seguito di sentenza della Corte d’Appello di Palermo, ha riguardato Nicolò Testa, 61 anni al momento del decesso avvenuto nel 2023. Arrestato nel 2015 durante l’operazione Panta Rei, era ritenuto a capo della famiglia mafiosa di Bagheria e figura di riferimento per l’imposizione di estorsioni nel territorio, oltre ad essere stato coinvolto nella gestione della latitanza di Bernardo Provenzano. Condannato a 13 anni e 6 mesi in primo e secondo grado, Testa era tornato in libertà nel giugno 2022. A lui erano riconducibili beni per un valore stimato di circa 800.000 euro, tra cui un’impresa edile con relativo complesso aziendale – costituito da due ulteriori imprese del medesimo settore e numerosi mezzi di trasporto e industriali – e due appezzamenti di terreno.
Con l’esecuzione odierna, il patrimonio complessivo di circa 2 milioni di euro riconducibile ai tre soggetti entra definitivamente a far parte dei beni dello Stato.