Palermo, ieri in Prefettura il presidio contro la bigenitorialità forzata

Una rete di associazioni si è riunita di fronte il plesso di via Cavour per dire no alla legge 54 del 2006. LE FOTO

PALERMO, 21 luglio – Si è svolto ieri pomeriggio di fronte alla Prefettura di Palermo il presidio organizzato da Madri in Rivolta, rete di associazioni (MaternaMente, Comitato Madri Unite, MovimentiAMOci Vicenza, le locali associazioni Aurea Caritate e PerLaRosa Odv, il Collettivo Donne InCuranti) per dire in coro “no” alla bigenitorialità forzata e in particolare alla legge 54/2006.

Presenti alla manifestazione anche la presidente dell’associazione “Aurea Caritate”, Anthea Di Benedetto, nonché la presidente dell’associazione di volontariato “PerLaRosa”, Silvia Modica. L’applicazione della legge 54 del 2006, che riguarda le disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli, - è il grido di allarme degli organizzatori – ha dato vita a un triste fenomeno che sta interessando tantissime madri italiane, insieme ai loro figli, i quali all’ordine del giorno vengono prelevati coattivamente e strappati ad ambienti familiari sereni e adeguati in nome dell’alienazione parentale. Nella maggior parte dei casi ciò avviene dopo che la madre, a tutela dell’incolumità dei figli e di se stessa, decide di denunciare una situazione di violenza domestica perpetrata dal marito o dal compagno.

L’alienazione parentale, conosciuta anche come “PAS”, è un costrutto ascientifico e assolutamente privo di riscontro medico (tanto da non figurare nemmeno nel Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) che la Cassazione, con sentenza 13217/2021, ha definito “teoria nazista” e insufficiente per giustificare il collocamento dei minori presso il padre abusante o in casa famiglia. In sostanza il minore, che in virtù della violenza assistita e/o subìta teme di avere rapporti con il padre, viene considerato da psicologici forensi e assistenti sociali “alienato” attraverso varie perizie, e la donna che si è rivolta alle istituzioni per sfuggire ai maltrattamenti viene definita (sempre all’interno di specifiche ctu) “genitore alienante” responsabile di una “separazione conflittuale” e dell’avversione dei figli nei confronti dell’altro genitore.

L’uscita di donne e minori da una vita di violenze, lungi dall’essere accolta e facilitata dallo Stato, si trasforma per troppe persone in un paradossale incubo che si conclude sempre allo stesso modo: l’infanzia di tanti bambini viene irrimediabilmente distrutta a causa della separazione da madri amorevoli e presenti, “colpevoli” solo di aver denunciato. E la bigenitorialità forzata ha già avuto conseguenze estreme: emblematico il caso di Federico Barakat, bambino di 8 anni ucciso dal padre nel 2009 durante un incontro nei locali dell’Asl di San Donato Milanese. Nel considerare tali tragici epiloghi sorge il dubbio che la Medea di Euripide, intenzionata a vendicarsi di Giasone e per questo assassina dei loro figli, “madre malevola” per antonomasia, fosse in realtà un uomo.

Per perorare la causa la rete Madri in Rivolta, che ha già organizzato presidi nelle prefetture di varie città italiane, tra cui Venezia, Pisa, Bologna, Roma e Napoli, ha indirizzato un appello al presidente del consiglio Mario Draghi, alla ministra dell’Interno Luciana Lamorgese, alla ministra della Giustizia Marta Cartabia nonché alla ministra per le Pari Opportunità Elena Bonetti e ai ministri della Salute e del Lavoro e delle Politiche Sociali, Roberto Speranza e Andrea Orlando. “Come donne e cittadine di questo Stato prendiamo parola sul dibattito in corso sulla cosiddetta violenza istituzionale contro madri e bambine/i, avendo in diversi anni di osservazione e riflessione analizzato tutti i risvolti e le dinamiche di questo grave fenomeno, tornato al centro delle cronache con, tra gli altri, il caso Laura Massaro e quello dei fratellini di Cuneo e nell’ultima settimana con ben due sottrazioni violente dei bambini di Pisa e Assisi”.

“Chiediamo”- si legge ancora nella nota ufficiale emanata da Madri in Rivolta - “che cessino immediatamente i prelevamenti forzati dei bambini e le deportazioni presso case famiglia o presso persone (perlopiù padri) verso cui i bambini esprimono paura, disprezzo o semplicemente desiderano frequentare con altre modalità. Queste azioni sono degne solo di una dittatura sudamericana e vanno contro qualunque principio costituzionale di diritto alla salute e alla dignità personale, contro ogni convenzione e legge internazionale per la tutela e protezione dell’infanzia. In particolare alla Ministra dell’Interno, responsabile della sicurezza dei cittadini e del rispetto dei diritti umani come competenza specifica del suo Dicastero, chiediamo di attivarsi con urgenza per verificare la legittimità delle procedure dei prelevamenti che quasi quotidianamente vengono messi in atto, senza neppure verificare quali rischi sussistano per la salute dei minori, in evidente conflitto con la loro manifesta volontà ed il loro diritto ad un ambiente sicuro, salubre ed affettivamente ricco, senza neppure in molti casi il conforto minimo del parere e dell’assistenza di figure mediche specializzate.

Le chiediamo che intervenga a chiarire quali sono i limiti costituzionali e di mandato professionale dell’operato delle Forze dell’Ordine in prelevamenti forzati che implicano anche l’abbattimento delle porte di ingresso di proprietà private, in assenza di accertati rischi per la vita e la salute dei minori prelevati ma anzi mettendo attivamente a rischio quella sicurezza e quella salute; che rientrino presso le madri tutti i bambini che sono stati sottratti contro la loro volontà ed in nome di una non riscontrabile sindrome o comportamento “alienante” e tutti i suoi derivati, per i motivi ben definiti dall’ultima, ma non unica, sentenza della Corte di Cassazione n. 13217/2021; che venga abrogato il primo comma dell’art. 1 della legge 54 del 2006”.