''Immuni'': identikit dell'app guarda-spalle che potrebbe realmente aiutarci

Foto dallo spot realizzato dal ''Sole 24 Ore''

Tracciamenti, privacy, identificazione: pendolo tra scetticismo e affidabilità

MONREALE, 30 aprile – Cerchiamo solo di fare un po' di chiarezza. Se molti (e ragionevoli) dubbi c'erano infatti allo stato ancora embrionale della proposta, oggi – prestando fede a ciò che le istituzioni ci riferiscono – questi non avrebbero motivo di esistere. ''Immuni'' è sicura, non c'è pericolo per i dati personali. Con il decreto legge oggetto di discussione proprio ieri sera in Consiglio dei Ministri, proviamo dunque a conoscerla meglio.

Per prima cosa partiamo da un presupposto importante e che sottovalutare sarebbe un errore: ''Immuni'' – così come più volte affermato dal capo della task force (una delle tante) per la ''fase due'' Vittorio Colao – oltre che ovviamente gratuita, sarà del tutto volontaria. Ciò significa dunque, che chi non desidererà scaricarla sul proprio dispositivo sarà assolutamente libero di dar seguito a questa sua scelta, senza che nessuna sanzione possa essergli in alcun modo imputata. Indiscriminato atto di puro e semplice affidamento al buon senso dei cittadini, quindi. Ma è proprio su questo punto che molti nasi, come sempre, cominciano già a storcersi: come posso sapere di essere entrato in contatto con persone positive al virus se ''Immuni'' non era installata anche sui loro cellulari? Non fa una grinza.

La risposta arriva direttamente dal Ministro dell'Innovazione Paola Pisano che, provando a raddrizzare quegli stessi nasi, ha affermato: “L'app sarà funzionale anche con il 25-30% della popolazione”. Percentuali molto più basse rispetto a quelle paventate qualche settimana fa e allo stesso tempo rassicuranti se si pensa che metà dei cittadini italiani ad oggi sarebbe disposta ad utilizzarla, a dispetto però – bisogna dirlo – di quella fetta di popolazione (guarda caso i più anziani e quindi i più a rischio) che non possiede un telefono di ultima generazione. Per costoro, purtroppo, nessuna ipotesi alternativa è stata ancora presentata. 

Passiamo però a ciò che più spaventa, al ''demone del ventunesimo secolo'': la privacy. Tante cose sono state dette, molte delle quali elucubrazioni volatili e prive d'ogni certezza. E' chiaro, la prospettiva di affidare totalmente i propri dati personali nelle mani di qualcuno o qualcosa che sta dall'altra parte del display, compilando un archivio immenso di informazioni, non è certamente rassicurante. Dall'intervista rilasciata sempre da Colao al ''Corriere della Sera'' si legge però che l'intero sistema sarà gestito dal Ministero della Salute e che non saranno registrati tutti i contatti dei fruitori dell'applicazione ma solo i codici anonimi delle persone risultate positive e solo nel caso in cui siano costoro a permettere l'utilizzo dei dati.

Più semplicemente, perché possa funzionare ogni cellulare deve attivare il proprio Bluethooth, generando così un ID temporaneo che entri in  contatto con tutti gli altri dispositivi su cui è presente Immuni. A quel punto, se qualcuno dovesse risultare positivo a un tampone, potrà costui permettere l'utilizzo dei dati al server centrale del Ministero che immediatamente invierà una notifica a tutti quei cellulari che sono per qualche ragione entrati in contatto con quello del soggetto positivo, ma pur sempre mantenendo e rispettando il suo anonimato. Per gli scettici più tenaci, ancora una buona notizia: come indicato nel nuovo decreto in uscita, l'app cesserà di esistere entro il 31 dicembre 2020 (ma anche prima se, come tutti speriamo, l'epidemia dovesse dissolversi in fretta) e tutti i dati degli utenti sarebbero così cancellati.