San Cipirello, ecco perché è stato sciolto il comune

Una lunga e dettagliata relazione del prefetto spiega le motivazioni del provvedimento del Ministero dell’Interno

SAN CIPIRELLO, 26 luglio – In occasione delle elezioni amministrative del giugno 2017 alcuni esponenti della locale organizzazione criminale si attivarono per procurare voti in favore di Vincenzo Geluso. E’ uno dei passaggi cruciali delle motivazioni che hanno portato, il 19 giugno scorso, allo scioglimento del Consiglio comunale di San Cipirello.

In particolare viene citato il sostegno della moglie e del figlio del capomafia Salvatore Mule” durante i comizi, sui social e davanti il seggio elettorale. Tutto documentato grazie al lavoro di osservazione e di indagine degli uomini della locale stazione dei carabinieri e del comando di Monreale.

Nella lunga e dettagliata relazione del Prefetto di Palermo, pubblicata due giorni fa nella Gazzetta ufficiale della Repubblica Italiana, si fa riferimento anche ad appalti affidati con procedure illecite: in particolare il servizio di raccolta dei rifiuti e la gestione del micro-nido, assegnata ad un’associazione di cooperative che hanno poi assunto familiari di mafiosi del calibro di Giuseppe Caiola. Un intero capitolo è poi dedicato ai lavori effettuati senza autorizzazione all’interno del cimitero comunale. E qui la relazione cita ampiamente le inchieste del Giornale di Sicilia che un anno fa accesero i riflettori sull’anomala gestione del camposanto. Le ditte e i mezzi che si aggiravano tra i loculi appartengono, a detta della Prefettura, a soggetti con frequentazioni mafiose.

Nelle 260 pagine allegate alla Gazzetta ufficiale si parla di “scarsa trasparenza e atti illegittimi” e “affidamenti a soggetti legati alla locale consorteria mafiosa”. E poi i “tardivi controlli su abusivismo edilizio da parte di ditte intestate al figlio di un prestanome di Giovanni Brusca”. Particolare rilevanza ha avuto anche la mancata riscossione delle tasse comunale, di cui hanno beneficiato soggetti appartenenti alle famiglie mafiose locali.
La relazione prefettizia, inviata al Ministero dell’Interno al termine dell’accesso ispettivo, racconta pertanto di un “possibile piegarsi dell’amministrazione comunale ai voleri della locale criminalità mafiosa”. Ci sono, infatti, parentele e frequentazioni tra politici locali e mafiosi.

Sotto la lente di ingrandimento della Prefettura è finita la figura dell’ormai ex sindaco Vincenzo Geluso: dai suoi trascorsi giudiziari da minorenne per rapina, alle più recenti denunce per peculato, percosse e minacce. Con al centro la sua candidatura nel 1996 nella lista “Polo per San Cipirello”, insieme a Giuseppe Simone Vitale, condannato per mafia e divenuto collaboratore di giustizia. E poi le frequentazioni con criminali locali, come Giuseppe Brusca, e il “bacio sulla guancia” con il boss Salvatore Mulè, davanti il seggio elettorale nel 2008, in occasioni delle elezioni politiche. Ad inchiodare gli ex amministratori comunali sancipirellesi è anche però l’attività sui social, che confermerebbe per la Prefettura i rapporti di amicizia e le frequentazioni con ambienti mafiosi.

Nella relazione, come i grani di un rosario, vengono snocciolate le singole posizioni degli ex amministratori: assessori e consiglieri i cui nomi sono coperti da omissis. I riferimenti all’ex presidente del Consiglio comunale Giovanni Randazzo sono invece riconoscibili perché citato anche come presidente della Cantina. Di lui vengono evidenziati, oltre a un rinvio a giudizio per peculato (reato per il quale è stata presentata istanza di archiviazione ndr), anche una situazione sentimentale che vedeva una familiare legata al figlio di un boss locale.

Ma ci sarebbero anche dei volantini elettorali trovati, nel 2012, all’interno dell’auto di Giuseppe Lo Voi, zio di Mulè. Vengono inoltre scandagliate anche le attuali e vecchie frequentazioni di due assessori, quattro consiglieri di maggioranza, uno di minoranza e tre dipendenti comunali.

(fonte: vallejatonews.it)