Il 1° febbraio del 1790 nasceva Benedetto D’Acquisto, vescovo monrealese

Pubblichiamo la storia del presule-filosofo al quale è intitolata pure una via cittadina

Nell’Ottocento l’epidemia del colera, conosciuta anche come “morbo asiatico”, causò un’ingente mortalità in tutto il mondo e si conta che solo in Sicilia, nelle sue varie ondate, colpì complessivamente 180.000 persone.

A darcene uno spaccato è anche una novella di Giovanni Verga, “Quelli del colera” del 1887, ambientata però mezzo secolo prima in due piccoli paesi della Sicilia orientale, in cui la folla, spaventata dal diffondersi dell’epidemia, cerca capri espiatori con la caccia a “quelli del colera”, ovvero agli untori.
Di colera morirà, in un clima di impietoso silenzio, il primo Arcivescovo di Monreale nativo della cittadina normanna: Benedetto D’Acquisto, grande filosofo e difensore della sua città, di cui giorno 1 febbraio ricorre l’anniversario della nascita. Alcuni attestano che sia nato giorno 2, oppure come ha scritto nel 1899 il nipote, Avv. Filippo Lorico, “sul fare del giorno due del mese di febbraio 1790 vi nasceva un bambino a cui fu imposto il nome di Raffaele”. 
INTORNO ALLA NASCITA
In verità, non vi è alcun dubbio sul giorno della nascita dalle informazioni che traiamo dal volume 35 del Registro dei Battesimi dell’Archivio storico del Duomo di Monreale: “A Primo Febraro 1790” il Sacerdote Antonino Spinuzza battezzava “un fanciullo nato oggi qui in Monr.le da M.ro Nicolò e Maria d’Acquisto […] Gli fu posto nome Raffaele, Diego, Ignazio e Vincenzo”. Di mano successiva è l’annotazione in calce: “A 28 Settembre 1858 fu eletto Arcivescovo di Monreale”.
Di Raffaele vengono subito apprezzate le doti intellettuali, prima dal Principe di San Vincenzo che villeggiava a Monreale e poi dal can. Benedetto Signorelli, che a sue spese iscrisse il giovane nella Scuola del Seminario arcivescovile di Monreale. Qui ebbe modo di respirare un clima culturale, letterario e filosofico, che risentiva ancora delle idee di Vincenzo Miceli, grazie all’impegno del rettore Biagio Caruso, che aveva riportato la Scuola del Seminario agli splendori della metà del Settecento.
FRATE FRANCESCANO
All’età di 16 anni entra nell’Ordine dei Frati Minori Riformati del convento di Sant’Antonino a Palermo. Nel convento di Santa Maria di Gesù fa il suo noviziato e assume il nome di Benedetto. In diversi sostengono che scelse questo nome come segno di gratitudine al suo benefattore, il canonico Signorelli; eppure per il professore Francesco Armetta non è escluso che possa essere più probabile l’omaggio fatto al beato Benedetto il Moro, sepolto nella Chiesa di Santa Maria di Gesù, che venne canonizzato l’anno successivo, il 24 maggio 1807.
Non sappiamo quando venne ordinato sacerdote, ma egli stesso riferisce di aver ricoperto tutti i gradi nell’ambito del suo Ordine, sino ad essere Provinciale nel 1833. Rimane legato a Monreale, soprattutto approfondendo in ambito filosofico il pensiero del suo illustre concittadino Vincenzo Miceli. Poco meno che quarantenne frequentò la Reale Università degli Sudi di Palermo, dove conseguì la laurea in Filosofia e quella in utroque iure.
PROFESSORE ED ARCIVESCOVO
Dal 1842 al 1858, quando divenne arcivescovo, ricoprì la cattedra di Diritto di natura ed etica presso l’Università di Palermo, pubblicando le sue opere più importanti. Nominato arcivescovo della sua città natale di Monreale, si reca a Roma per la consacrazione episcopale, che avverrà il 2 gennaio 1859, e il Papa Pio IX lo incontra in varie occasioni per ascoltarne il pensiero.
Nella sua prima lettera pastorale inviata al clero e al popolo della sua diocesi, annuncia l’intento di vivere secondo lo spirito francescano, all’insegna dell’abnegazione e della carità verso il prossimo e in special modo verso i semplici e i poveri. Attese il 21 marzo prima di poter fare ingresso a Monreale e venne accolto trionfalmente, particolarmente per il fatto di essere il primo arcivescovo monrealese.
A Monreale restaura il palazzo delle Scuole del Seminario e nel 1865 crea un passaggio sotto via Arcivescovado che conduce al palazzo reale, ancor oggi esistente, di cui è possibile leggere le epigrafi marmoree composte in eleganti versi latini e greci dal canonico Giuseppe Vaglica. Egli stesso vi insegna e dota il Seminario di validi docenti.
Il momento storico era gravido di avvenimenti politici e storici. Il 4 aprile 1860 scoppiava una sommossa antiborbonica a Palermo, che venne subito repressa. L’arcivescovo D’Acquisto, come ebbe modo di scrivere il prof. Giuseppe Schirò in un suo articolo pubblicato su “Monreale Nostra” nel 1960, incontrò Garibaldi a Pioppo il 20 maggio 1860.

L'INCONTRO CON GARIBALDI
Schirò trascrive una minuta di mons. Giuseppe Fiorenza, in cui si legge: “Garibaldi quando si trovò nei pressi di Monreale era così indisposto contro il clero monrealese da temersene gravi pericoli, sicché fu mestieri che l’Arcivescovo di allora, come San Leone con Attila, fosse andato a scongiurarne le ire dichiarando che il suo clero non faceva politica… Così Monreale fu salvo dall’ire che lo minacciavano”.
E commenta a conclusione “…che il D’Acquisto, per evitare a Monreale inutili stragi, abbia voluto dimostrare a quel ‘capo dei masnadieri’ che Monreale era per lui imprendibile… Garibaldi intuì il pericolo in cui si sarebbe cacciato e allora ideò abilmente il nuovo piano strategico, allontanandosi da Monreale, dove la spedizione dei Mille forse avrebbe potuto trovare la tomba”.
Nicola Giordano nel 1968 fu invece dell’idea che quello tra il D’Acquisto e Garibaldi fu un “presunto incontro”, eppure non spiega come mai Garibaldi e i Mille dopo aver superato “Passo di Renna” ed aver dimorato presso le “quattro casupole” di Pioppo, non attaccarono direttamente Palermo, attraverso Monreale, ma virarono verso Piana, Corleone, Marineo, e da Gilbirossa giunsero infine a Palermo.
L'ARRESTO E IL CONTAGIO
È certo, tuttavia, che nel 1866 il D’Acquisto dopo essere stato nominato membro del Comitato di salute pubblica a Palermo e presidente in quello di Monreale, viene accusato dal generale Cadorna di “reità politica” e tratto in arresto e incarcerato, prima a Monreale e poi a Palermo, insieme ad altri letterati della nobiltà palermitana. Francesco Crispi, che era stato allievo di D'Acquisto, interverrà, scrivendo che "la carcerazione di Benedetto D'Acquisto è un insulto alla scienza". Così, grazie ad un altro discepolo, il penalista G.M. Puglia riesce a dimostrare l'estraneità dell'arcivescovo, che viene prosciolto dall’accusa e messo in libertà il 7 dicembre 1866.
Intanto il colera tornava a mietere vittime e l’arcivescovo non risparmia le sue forze e le sue deboli energie a favore degli ammalati e dei bisognosi della cittadina normanna. Tuttavia, “l’angelo consolatore degli infelici” non resistette a quella fatica e il 7 agosto 1867 morì vittima dell’epidemia.
LA SEPOLTURA E LA TRASLAZIONE
Il corpo dell'arcivescovo D'Acquisto venne sepolto nella Chiesa di Santa Rosalia e 33 anni dopo, il 29 aprile 1900, i suoi resti mortali verranno traslati nella Cripta dei Vescovi della Cattedrale di Monreale. “L’addio alla salma di monsignor D’Acquisto” venne letto dal padre Serafino Messina da Mussumeli, ex Provinciale O.F.M., che ne tesserà le virtù e i meriti.
In vista della traslazione, la città di Monreale, volle onorare la figura dell’illustre monrealese Benedetto D’Acquisto, intitolandogli una via principale ed erigendo nel 1899 un monumento marmoreo con il suo busto nella Piazza del Duomo, opera di Antonio Ugo. Un suo ritratto si trova, insieme ad altri tre uomini illustri, nella Sala rossa del Palazzo comunale di città.
L’Università di Palermo già all’indomani delle sue dimissioni da cattedratico aveva fatto collocare nell’aula dei Rettori un busto marmoreo di monsignor Benedetto D’Acquisto, opera dell’artista Nunzio Morello, che oggi si trova nell’atrio di ingresso dell’ex Aula Magna di via Maqueda.